Apertis Verbis | Il Sant’Anna a oltre un anno dalla rivolta

di Tatiana Boni*

Una domenica di marzo 2020, in piena pandemia da Covid-19, con la preoccupazione dell’incalzare della diffusione del virus, confusi in un paese nel caos, fummo spettatori dei tragici fatti verificatisi nella casa circondariale della nostra città.

Dopo quasi un anno e due mesi da quella giornata, il 28 maggio scorso una delegazione composta da me e dal collega e amico Francesco Muzzioli per la Camera Penale di Modena, nonché da tre colleghi, Romina Cattivelli, Giuseppe Cherubino e Ninfa Renzini, membri dell’Osservatorio nazionale Carcere di UCPI, ha visitato l’Istituto.

da avvocato e da cittadina, visitare quelle parti del carcere, solitamente a noi interdette, mi ha sicuramente toccato e fatto riflettere

Forse con il passare degli anni, tutti noi avvocati nel frequentare il carcere ci siamo abituati al rumore del tiro delle porte, di queste che si chiudono dietro di noi, ma da avvocato e da cittadina, visitare quelle parti del carcere, solitamente a noi interdette, mi ha sicuramente toccato e fatto riflettere.

Marcello Bortolato ed Edoardo Vigna in un recente saggio dal titolo “Vendetta Pubblica. Il carcere in Italia” scrivono che “occuparci del carcere vuol dire occuparci dello stato di salute della nostra democrazia”.
Quel 28 maggio abbiamo quindi varcato le porte della Casa Circondariale per renderci conto di quale fosse la situazione di essa e dello stato della popolazione detenuta, e per capire se quell’ulteriore muro innalzato tra il carcere ed il mondo esterno a causa delle misure contro il Covid-19 fosse stato abbattuto, almeno in parte.

Abbiamo visitato un istituto ripristinato per quanto riguarda l’aspetto della struttura edilizia, essendo stati resi fruibili quasi tutti gli spazi danneggiati dopo i fatti di marzo 2020; rimangono però non ancora accessibili locali quali, ad esempio, quello della palestra a causa di infiltrazioni d’acqua.
Non vanno poi sottaciute alcune difficoltà, soprattutto sotto l’aspetto trattamentale ed educativo.

Continua ad essere una problematica l’insufficienza di personale dell’area educativa

Continua ad essere una problematica l’insufficienza di personale dell’area educativa, nonostante che, diversamente da un anno fa, il numero dei detenuti non superi la capienza massima dell’istituto, pur essendo molto vicino ad essa (alla data della nostra visita le persone ivi ristrette erano 343 rispetto ad una capienza massima di 366 persone detenute).
Le attività scolastiche sono proseguite anche grazie alle modalità a distanza ed attualmente sono in presenza.

I detenuti ora possono finalmente incontrare di persona i familiari, sono riprese altre attività in presenza, come quella del teatro ed i volontari sono tornati a frequentare il carcere. Visitando le sezioni, un detenuto con mestizia e rassegnazione ci ha raccontato che avrebbe avuto una licenza giornaliera per stare con la famiglia ma che, all’idea di dover passare il periodo di quarantena in cella di isolamento una volta rientrato in istituto per prevenire eventuali contagi da Covid-19, ha deciso di non usufruirne.

Le celle, quelle che la legge sull’Ordinamento Penitenziario chiama, suonando quasi beffardo, camere di pernottamento, dovrebbero essere visitate da tutti quelli che pensano che in carcere si viva meglio che fuori: pochi metri quadrati, una finestrella con le sbarre, un tavolo, qualche sedia, un letto a castello in ferro e poco altro.
Abbiamo incontrato, passando all’aspetto del lavoro, alcune detenute ed alcuni detenuti che lavorano nelle cucine dell’istituto ed altri che lavorano nella serra, dove si coltiva la verdura con il supporto di un agronomo. Ho visto volti di persone provate dalla vita carceraria ma orgogliose di quello che stavano facendo e desiderose di raccontarci il loro percorso lavorativo, cosa avessero imparato a fare e di come avrebbero speso queste loro nuove competenze una volta fuori dal carcere.

Il mondo esterno sta tornando poco a poco dentro all’istituto, ma per allontanare sempre più il rischio che il carcere diventi segregazione, è necessario che aumentino le opportunità di contatto tra il “dentro” ed il “fuori”, sia in termini di incontri ed opportunità intramurarie, sia in termini di opportunità extramurarie, come il lavoro ex art. 21 O.P., le licenze ed altresì attraverso l’ammissione alle misure alternative al carcere.

Referente dell’Osservatorio Carcere e Magistrato di Sorveglianza della Camera Penale di Modena Carl’Alberto Perroux

Scroll to top