Il prossimo 12 giugno, in un surreale ed inedito silenzio generale, gli Italiani saranno chiamati votare su cinque quesiti referendari in materia di giustizia.
I temi sul tappeto sono al centro del dibattito pubblico da moltissimi anni e questa tornata referendaria si inserisce di certo in un contesto di straordinaria crisi di fiducia nel rapporto tra cittadini e sistema giudiziario, come ha dimostrato la reazione sdegnata del Paese di fronte ai recenti scandali che hanno travolto il sistema correntizio che domina il Consiglio Superiore della Magistratura.
Lo scandalo Palamara d’altra parte ha squarciato un velo di ipocrisia, mostrando a tutti ciò che molti già sapevano e rendendo non più rinviabile un intervento normativo capace di riequilibrare il CSM, di garantire maggiore trasparenza e verificabilità sulle decisioni che riguardano le carriere dei magistrati, di rafforzare la terzietà dei giudici e i diritti di garanzia dei cittadini.
Seppure i quesiti siano il frutto di criticabili scelte tecniche che i promotori non avevano condiviso con i penalisti italiani, rappresentano comunque una occasione irripetibile per indirizzare il Parlamento a compiere riforme troppo a lungo rimandate e necessarie.
I cinque quesiti sottoposti al corpo elettorale rispondono infatti ad esigenze molto avvertite:
Quesito 1 sulle modalità di presentazione delle candidature al CSM: i proponenti mirano a porre un freno alla sistema delle correnti che influenza le nomine e la progressione di carriera dei magistrati, consentendo maggiore libertà dei singoli magistrati nella candidatura a componenti del Consiglio Superiore della Magistratura;
Quesito 2 sulla valutazione dei magistrati: i proponenti mirano a consentire anche ad Avvocati e Professori Universitari, che già partecipano ai Consigli Giudiziari senza diritto di voto, di poter concorrere alla valutazione periodica dei magistrati;
Quesito 3 sulla separazione delle funzioni: i proponenti mirano ad introdurre la netta distinzione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura requirente. Si tratterebbe di un primo importante traguardo in vista della più volte invocata separazione delle carriere, scardinando l’attuale sistema che da sempre consente al singolo magistrato di passare dal ruolo di accusatore a quello di giudicante, così indebolendo la terzietà del giudice;
Quesito 4. sui presupposti della custodia cautelare: i proponenti mirano a ridurre il ricorso alle misure di privazione della libertà personale in attesa di giudizio, per tentare di porre un freno all’abuso di tali misure;
Quesito 5 sulla “Legge Severino”: i proponenti mirano ad abrogare le norme che impongono un sistema di incandidabilità e decadenza automatiche per chi riveste incarichi elettivi a fronte di determinate sentenze anche non definitive di condanna.
Siamo ovviamente consapevoli delle difficoltà che lo strumento referendario manifesta da molti anni e la coltre di silenzio che avvolge questa importante votazione dimostra una preoccupante disaffezione dei cittadini da fondamentali strumenti di partecipazione.
Invitiamo però i modenesi a recarsi al voto perché i temi oggetto dei quesiti riguardano aspetti fondamentali delle loro vite e della vita democratica.
Votando Sì avranno l’occasione irripetibile di lanciare un messaggio forte e chiaro alla politica perché metta mano, senza più infingimenti, alla riforma della Giustizia.
Il Consiglio direttivo della Camera Penale di Modena Carl’Alberto Perroux